Dopo aver seguito per tanti anni l’esperienza del mio cugino missionario in Africa, finalmente nel 2005 ho toccato la terra della Tanzania e sono arrivata a Haubi. La vita nel villaggio, anche se dura, mi è sembrata subito affascinante soprattutto per la presenza di tante persone, adulti, anziani, bambini, sempre affabili e sorridenti.
Il sabato successivo al nostro arrivo ci fu la festa dell’accoglienza.
Fino dal primo mattino un grande via vai di persone: fu uccisa una capra, preparato il pilau (riso speziato con carne), la polenta bianca, il pombe (la tipica bevanda locale) e mangiammo tutti insieme seduti a terra sopra i coloratissimi mkeka, ovvero le stuoie intrecciate a mano.
Ognuno lavorava e parlava animatamente; al pranzo partecipò tutta la comunità. Ma il momento più toccante fu quando, seduti a terra, noi ospiti ricevemmo dagli anziani il "battesimo" in kirangi. Ciascuno di noi ebbe un nome legato al proprio carattere e un bracciale in pelle di capra da portare come ricordo di questo rito del tutto particolare. Fu così che imparammo il significato di nomi come Kijaji, Mchumi, Kimbue, Kija, Mbeyu, Kichiku, Mwasu, Iduri e molti altri che ancora oggi utilizziamo tra di noi. Al termine, danze tipiche accompagnate dai bambini e da canti conclusero l’emozionante giornata che porterò sempre nel cuore.
Mirella Mchumi